3° Festival Berbero di Milano 16 giugno 2012 — Cineforum |
ore 18: Taddart tawraght ("La casa gialla")
di Amor HAKKAR (Francia-Algeria 2007) Regia, soggetto e sceneggiatura: Amor Hakkar Musiche: Jo Macera Fotografia: Nicolas Roche Montaggio: Lyonnel Garnier Interpreti principali: Aya Hamdi, Tounès Ait-Ali, Amor Hakkar Durata: 80' Il film, in lingua berbera dell'Aurès (tashawit) con sottotitoli in inglese, ha ricevuto numerosi premi, tra cui quelli del festival di Locarno 2007 e di quello del Cinema africano di Milano nel 2008. Trama Nell’arido paesaggio dell’Aurès, in Algeria, un padre apprende della morte del figlio, avvenuta mentre prestava il servizio militare in un’altra città. Deciso a recuperare la salma del figlio, Mouloud parte con un piccolo mezzo agricolo per un viaggio che si rivelerà ricco di insidie e denso di malinconia. Commento Il film nasce da un’esperienza personale del regista, che nel 2002 torna dalla Francia in Algeria, proprio nella regione in cui è ambientato il film, per il funerale del padre. Amor Hakkar, che a sottolineare quanto questo film rappresenti una testimonianza personale interpreta il ruolo del protagonista, decide di lasciare che siano le immagini, più che i dialoghi, a raccontare la tristezza, lo smarrimento, la solitudine di un uomo che ha perso per sempre una persona amata. Il viaggio che intraprende, reso ancora più lungo dall’inadeguato mezzo di cui dispone, è pieno di piccole, quotidiane, insidie: dal mezzo di trasporto che si rompe interrompendo il suo viaggio agli incontri con impiegati che sembrano rispondere al suo dolore con parole di conforto di maniera che nascondono a stento il rigido codice della burocrazia. Ma il viaggio è anche un’occasione di incontro con persone di cuore che aiuteranno, in vari modi, Mouloud a raggiungere la sua destinazione e il suo scopo. Alla fine, tornato a casa, l’uomo si ritroverà anche a cercare un modo per riportare il desiderio di vivere in sua moglie, sprofondata forse irrimediabilmente in una tristezza che sembra isolarla da ciò che la circonda. Il titolo del film nasce dalla sua idea di dipingere di giallo la casa in cui la famiglia abita per circondare di un colore gioioso la moglie. La maison jaune è un film che parla con semplicità di temi complessi e lo fa riuscendo a creare empatia con il pubblico, che a Locarno l’ha applaudito lungamente. Roberto Rippa
La maison jaune ha come sfondo la storia di un uomo che cavalca il suo triciclomotore Lambretta per andare a riprendersi la salma di suo figlio. Sono stato io stesso, dalla Francia, a condurre la salma di mio padre fino al suo douar sui monti Aurès. Durante quei giorni mi sono confrontato con la pesantezza dell’amministrazione e sono stato circondato dal dolore di uomini e donne che non conoscevo. Sono stato consolato dai loro sguardi di compassione anonima e sorretto dalle loro mani tese. Ho amato quegli uomini e quelle donne perché, addirittura, mi somigliavano. Mi ero quasi dimenticato di essere anch’io un figlio degli Aurès. Da tutti questi incontri e dal mio vagare attraverso quelle ragioni ostili ma allo stesso tempo bellissime, è scaturito il mio profondo e intimo desiderio di realizzare un film. (Amor Hakkar) Il regista Amor Hakkar nasce nel 1958 sui monti Aurès, in Algeria. Quando è bambino, si trasferisce con i genitori a Besançon, in Francia. Terminato il liceo scientifico, Hakkar scopre la passione per il cinema attraverso la sceneggiatura. Nel 1982 dirige il suo primo cortometraggio, Apprends-moi à compter jusqu’à l’infini, seguito dal lungometraggio Sale temps pour un voyou. Nel 2002, ispirato dal viaggio compiuto nella regione natìa per la sepoltura del padre, scrive la sceneggiatura di La maison jaune, che girerà proprio in quella terra. Nel 2011 ha prodotto un nuovo film, Quelques jours de répit. Come scrittore, Amor Hakkar ha pubblicato nel 2001 La cité des fausses notes. [trama e commento sono tratti dal sito: http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=9947] |
la casa gialla la "Lambretta" del protagonista Aya, la figlia maggiore Mouloud, il padre Fatima, la madre |
ore 21.30*: Il pane nudo (El Khoubz el Hafi) di Rachid BENHADJ (Marocco/Algeria/Italia/Francia, 2006) Regia: Rachid Benhadj Sceneggiatura: Rachid Benhadj Musiche: Safy Boutella Fotografia: Pierluigi Santi Montaggio: Eugenio Alabiso Scenografia: Francesca R. Salvi Costumi: Giusy Nicoletti Interpreti: Sana Alaoui, Marzia Tedeschi, David Halevin, Karim Benhadj, Rachid Benhadj, Ahmed El Kouriachi, Said Taghmaoui, Faycal Zeghadi, Bilel Lahsini Durata: 100' Il film, proiettato in lingua italiana, ha conseguito numerosi riconoscimenti e premi tra cui quello del Tiburon Film Festival (Los Ageles) e i Globi d'Oro 2006 ("Film da non dimenticare") Trama: Il film è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico dello scrittore marocchino Mohamed Choukri, uscito nel 1960 e subito diventato un caso letterario, un classico apprezzato nel resto del mondo ma censurato nei paesi arabi a causa della sua crudezza. Per anni molti sceneggiatori avrebbero voluto adattare per il grande schermo la vicenda, ma Choukri non ha voluto altri che Rachid Benhadj. Cresciuto nella povertà e nell'analfabetismo, con un padre violento e una madre come unica fonte di sostentamento, il giovane Mohamed, dopo aver vissuto di espedienti, a vent'anni impara a leggere e scrivere. Si iscrive ad una scuola pubblica e dopo aver compiuto gli studi diventa maestro per insegnare ai bambini gli strumenti per sfuggire alla miseria e alla povertà... Il regista: Rachid Benhadj è nato ad Algeri (Algeria) nel 1949. Da anni risiede a Roma ed è cittadino italiano. Nel 1973 si laurea in Architettura all’École Supérieure des Arts Décoratifs di Parigi con una tesi di laurea sull’architettura teatrale e sempre a Parigi si diploma in regia all’École de Cinéma nel 1975. Parla francese, arabo, italiano ed inglese. Oltre all’impegno nel campo cinematografico, Benjadj dipinge. Le sue opere hanno partecipato a numerose mostre internazionali in diverse parti del mondo (Grand Palais a Parigi, Biarritz (Francia), Leningrado, Mosca, Copenhagen, Spagna, Algeri, ecc.). Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti vi è il prestigioso premio internazionale per la pittura alla mostra internazionale di Parigi. |